Ita.Ca, il primo modello italiano di misura dell’impronta carbonica

Convergere verso sistemi di produzione sostenibili e fare viticoltura rispettosa dell’ambiente è la direzione che la Franciacorta si è data da tempo. L’emissione di gas climalteranti è solo una delle forme di impatto ambientale che l’attività agricola, come qualsiasi altra attività produttiva, comporta. Una questione ambientale che per l’agricoltura che vive di suolo, acqua, aria è ancor più di vitale importanza.

L’agricoltura è altresì un’attività dipendente da materia prima fossile: combustibili da riscaldamento e da trazione, concimi, agrofarmaci sono tutti elementi che l’agricoltura utilizza ma che, derivando dal petrolio, non solo sono causa di emissioni di CO2, ma fonte di costi che hanno visto negli ultimi anni un andamento tendente sempre al rialzo.
Due dunque i motivi ‒ ambiente ed economia ‒ per ripensare il proprio modo di agire e trovare una nuova via: fare ogni sforzo possibile per ridurre le emissione dei gas serra.

A questo è riconducibile il motivo per cui il Consorzio Franciacorta si è dotato di uno strumento di controllo: da una parte per monitorare e misurare le emissioni di gas serra delle aziende, dall’altra per fornire indicazioni e rendere la produzione più sostenibile. Lo strumento si chiama Ita.Ca® ed è una metodologia per misurare le emissioni di gas serra, calcolate in equivalenti di CO2, originate dalle attività vitivinicole. Tale metodologia è derivata da un’analisi di esperienze già portate avanti da vari Istituti di altri Paesi (Australia in particolare) e di cooperazioni nate da precedenti formule, quali ad esempio l’Iwcc (International Wine Carbon Calculator), revisionata poi per una integrazione ed adattamento al contesto italiano da Sata Studio Agronomico, in collaborazione con l’Università di Milano. Il calcolatore ed il metodo utilizzato per l’inventario dei dati è conforme anche al protocollo dell’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (GHGAP di OIV) riconosciuto a livello mondiale come metodo di riferimento specifico del settore per questa valutazione.

L’obiettivo di Ita.Ca® è innanzitutto identificare all’interno della filiera di produzione vitivinicola (campo, cantina, rappresentanze) le attività a cui è legata l’emissione di gas serra. Qui vanno intesi anche i consumi energetici che, emettendo CO2, contribuiscono all’effetto serra. Tramite coefficienti sviluppati da specialisti del territorio ed adattati alla situazione italiana, tutte queste emissioni vengono trasformate nella relativa quantità di equivalenti di CO2 emessi. Tre sono così gli ambiti identificati.

  • Ambito primario: emissioni derivanti da fonti fossili consumate in azienda o comunque da attività direttamente imputabili ad essa (riscaldamento, trasporti, parco macchine, perdite di carbonio dal suolo etc.);
  • Ambito secondario: emissioni generate dall’energia elettrica prodotta altrove, ma trasportata e consumata in azienda;
  • Ambito terziario: emissioni attribuibili ai processi di produzione dei materiali acquistati dall’esterno e di smaltimento dei rifiuti.

Il progetto è partito sottoponendo alle aziende un questionario per la raccolta di dati e misurazioni attraverso le cui elaborazioni, previste dal modello, è stato possibile fare una fotografia di ogni singola realtà. In seguito alle misurazioni condotte, previste dal modello Ita.Ca®, alcune aziende hanno richiesto ed ottenuto la certificazione ISO 14064 (misurazione impronta carbonica dell’impresa), confermando tra l’altro la conformità del modello alla norma ISO 14064.

I risultati delle rilevazioni indicano che le emissioni maggiori possono derivare dall’ambito terziario, ovvero sono emissioni attribuibili ai processi di produzione dei materiali acquistati dall’esterno e di smaltimento dei rifiuti; al secondo posto i consumi di elettricità e infine al terzo le emissioni dirette di attività aziendali. Il dettaglio dei risultati riguardanti l’ambito 3, infatti, indica nel packaging ‒ processi e materiali ‒ una delle attività spesso più impattanti, responsabile fino al 46% dell’impronta carbonica terziaria. Nell’ambito primario, la gestione del suolo vitato ‒ intensità della lavorazione, numero di passaggi in campo, tipologie di macchine operatrici, concimi e agrofarmaci, tecniche colturali particolari etc. ‒ può essere responsabile fino all’84% delle emissioni.

Una volta identificate le maggiori fonti di emissioni di gas serra in ogni azienda, è possibile definire misure correttive per diminuire le emissioni della singola azienda. Alcune sono più semplici da attuare perché non richiedono investimenti ma rientrano nell’ambito delle scelte operative, di gestione dei vigneti (valorizzazione scarti organici, minore lavorazione dei suoli), di gestione della cantina, degli imballaggi (scelta di materiali più sostenibili) etc., altre sono più impegnative, che richiedono tempi ed investimenti, come modifiche strutturali dell’azienda, adozione di sistemi di produzione e/o consumo di energie rinnovabili (pannelli fotovoltaici ad esempio).
Ne deriva l’innesco di un processo virtuoso che crea consapevolezza circa i consumi energetici della propria attività e, quindi, delle emissioni di carbonio da essa derivanti.
I risultati sono estremamente positivi: estendendo i dati dei monitoraggi a tutta la denominazione, si può stimare che nel 2011 si è registrato un contenimento delle emissioni pari a quasi 3.000 tonnellate di CO2 equivalente sull’area indagata rispetto all’anno di riferimento 2010.
La base di calcolo è stata,– primo caso in Italia ‒ una porzione molto significativa della Denominazione.

La viticoltura conservativa rappresenta un sistema di produzione virtuoso, che può contribuire significativamente a ridurre il nostro impatto sul pianeta: infatti, un vigneto ben gestito, attraverso il processo naturale della fotosintesi assorbe CO2 sottraendola all’atmosfera. In aree viticole simili alla nostra, la misura di quanta CO2 il vigneto possa ”catturare“ permanentemente nel suolo, ha evidenziato un beneficio superiore rispetto alla CO2 emessa dall’attività di produzione e trasformazione con il modello franciacortino.

Se si calcolasse la differenza tra le emissioni del processo produttivo ed il beneficio (sequestro permanente di CO2) stimato per la presenza di vigneto gestito agronomicamente in modo migliorativo rispetto a una viticoltura non conservativa, il bilancio in CO2 equivalenti per bottiglia di Franciacorta prodotta potrebbe generare un credito di 1,08 kg/bottiglia.
Per confermare anche le stime del benefico da sequestro per fotosintesi con una misura oggettiva e contestualizzata al territorio di Franciacorta, dal 2015, in collaborazione con le Università di Padova e di Milano e con Sata Studio Agronomico, si è avviato un importante ed ambizioso progetto di misurazione degli scambi gassosi tra vigneto ed atmosfera, in modo da poter monitorare il “respiro della vigna” ed attribuire valori inconfutabili al reale beneficio per l’ambiente del ”vigneto Franciacorta”.

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