Tra testa e coda: un territorio che si fa grappa

1 Febbraio 2024

Il destino delle vinacce franciacortine è racchiuso in un tulipano

Raccolte a mano, sottoposte a soffice pressatura, lasciate fermentare prima in vasca e poi in bottiglia, dove riposano sui lieviti per almeno diciotto mesi. Questo è il destino delle uve franciacortine: Chardonnay, Pinot Nero, Pinot Bianco e, più recentemente, Erbamat. Ma che fine fanno le vinacce? Diventano grappa! Una grappa che prende il sapore dalle bucce e dai semi di quest’uva nobile, perché la grappa è prima di tutto vinaccia (italiana), e di conseguenza il suo carattere rispecchia inevitabilmente quello della materia prima. Per questo motivo il distillato di origine bresciana porta rispetto agli aromi primari dell’uva di Franciacorta, esaltando con trasparenza i profumi delle sue vinacce, prevalenti e ben distinguibili soprattutto in assenza di affinamento in legno.

Borgo Antico San Vitale – nel cuore di Borgonato – è un esempio di restauro sapiente in cui convivono in armonia antichi edifici medievali e ben più sobri interventi contemporanei. Dopo aver ospitato il primo centro internazionale dedicato allo studio, al recupero e alla diffusione della scienza dei distillati, oggi accoglie turisti e appassionati attraverso un suggestivo percorso espositivo, volto a raccontare l’evoluzione storica degli alambicchi per poi terminare in un moderno stabilimento produttivo. Questo cammino didattico non può che terminare con la degustazione, ragionata e consapevole di un metodo produttivo centenario fondato sulla purezza. Dove purezza vuol dire scegliere le migliori vinacce ma anche sottoporle alla doppia distillazione.

I resti della spremitura, opportunamente diraspati e torchiati, vengono attraversati da un flusso d’aria calda che fa evaporare l’alcol e le componenti aromatiche, rispettando al contempo la vinaccia e garantendo il controllo di ogni fase del processo. La flemma così ottenuta è una “promessa di grappa”, che per liberarne le potenzialità inespresse deve essere sottoposta a ulteriori passaggi. Prima raffreddata e poi filtrata per eliminare le impurità, viene unita ai succhi estratti dalle vinacce che non hanno subito la prima distillazione e che invece andranno incontro alla seconda, fondamentale per affinare l’operazione di rettificazione.

Il mastro distillatore in questa seconda fase lavora di fino sulle temperature dell’alambicco e sui tempi di distillazione, separando le sostanze nobili da quelle indesiderate. Nella vinaccia sono presenti numerosi componenti volatili, di cui i più importanti (quantitativamente) sono l’acqua e l’alcol; centinaia di altri elementi, se presenti in contenuto relativamente modesto, caratterizzano la grappa in modo unico e caratteristico, ma superato un certo limite la rendono organoletticamente sgradevole, o addirittura dannosa. Di qui l’importanza della rettificazione, operazione fisico-meccanica eseguita in tre momenti proprio per suddividere la grappa in tre frazioni: le teste, il cuore e le code.

Le teste – alcol metilico (tossico oltre un certo livello) e acetati (responsabili di fermentazioni acetiche indesiderate) – sono le prime a cadere: hanno un punto di ebollizione inferiore a quello dell’alcol etilico (78,4 °C) e costituiscono la prima frazione di grappa a uscire dall’alambicco. Il cuore è la parte centrale: è formato da tutti quei costituenti che hanno un punto di ebollizione compreso tra 78,4 e 100 °C e contiene la maggior parte dell’alcool etilico e la minor percentuale di impurezze, di fatto responsabili della tipicità di ogni grappa. Infine, le code sono formate dai componenti volatili che bollono oltre i 100 °C e che si raccolgono nell’ultima frazione del distillato: sebbene certe temperature non vengano mai raggiunte, molte di queste sostanze risultano solubili nei vapori alcolici caldi e dunque vengono trascinate ugualmente.

Risulta dunque lampante la responsabilità del mastro distillatore, che sa riconoscere il termine del cuore e l’inizio della coda per ottenere un prodotto puro ma al contempo fedele alle sue origini, che sappia preservare gli aromi primari del vitigno e quelli secondari della vinaccia fermentata. Quelli terziari sono merito del tempo trascorso nelle botti, e sono generati dal contatto lento e costante tra il distillato e il legno che lo ospita: così il produttore può giocare con le essenze e cucire sulla sua grappa un vestito su misura. Distillerie Franciacorta ha scelto le botti di rovere per far riposare i suoi distillati destinati all’invecchiamento: dodici mesi per La Nativa e più di ventiquattro per le Ampolle 1901, nate per ricordare la nascita di questa importante azienda italiana. Che si tratti di Chardonnay, di Pinot o di un loro blend, il tulipano che accoglie la grappa saprà cedere al naso un intenso profumo di Franciacorta.

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